COLLANA IL LABIRINTO DEL MONDO
ROVIGO
di Zbigniew Herbert
Rovigo
STAZIONE DI ROVIGO. Vaghe associazioni. Un dramma di Goethe
o qualcosa di Byron. Sono passato da Rovigo
non so quante volte e appunto per l’ennesima ho capito
che nella mia geografia intima è un luogo
singolare anche se certo dà luogo
a Firenze. Non vi ho mai messo piede
ogni volta Rovigo s’approssimava o fuggiva all’indietro
Vivevo allora d’amore per l’Altichiero
dell’Oratorio di San Giorgio a Padova e per Ferrara
che mi era cara poiché mi ricordava
la rubata città dei miei padri. Vivevo inchiodato
tra il passato e l’attimo presente
crocifisso molte volte dal luogo e dal tempo
Eppure felice molto fiducioso
che il sacrificio non sarebbe stato vano
Rovigo non si distingueva per nulla di particolare era
un capolavoro di mediocrità strade diritte case non belle
soltanto prima o dopo la città (secondo la direzione del treno)
spuntava all’improvviso dalla piana un monte - solcato da una cava rossa
simile al prosciutto della festa guarnito di cavolo crespo
oltre a ciò nulla che allietasse attristasse attirasse lo sguardo
Eppure era una città in carne e pietra - come altre
una città dove qualcuno ieri è morto qualcuno è impazzito
qualcuno disperatamente per tutta la notte ha tossito
AL SUONO DI QUALI CAMPANE COMPARI ROVIGO
Ridotta a una stazione a una virgola a una lettera cancellata
nulla solo una stazione – “arrivi” – “partenze”
e perché allora penso a te Rovigo Rovigo
Z. Herbert
(trad. di Andrea Ceccherelli)